Dopo il trauma dell’8 settembre 1943 – quando con l’armistizio l’esercito, lasciato senza ordini precisi, e le istituzioni dello Stato finirono per disgregarsi – ciascuno venne chiamato a compiere la propria scelta autonomamente. Tra quanti scelsero di mettersi in gioco per resistere a tedeschi e fascisti, vi furono:
– antifascisti già attivi nel ventennio, tornati dalle galere o dall’esilio;
– antifascisti giunti a una scelta di opposizione con il procedere della guerra;
– ufficiali e soldati lasciati a se stessi e impossibilitati a tornare alle loro case che spesso presero la propria decisione in ragione del giuramento di fedeltà al re;
– giovani che, educati durante il regime, si formarono faticosamente un punto di vista diverso e che rifiutarono di rispondere alla chiamata alle armi del nuovo stato fascista, la Repubblica sociale italiana (Rsi), anche conosciuta come Repubblica di Salò.
Le motivazioni che animarono la lotta furono delle più diverse: per quanti avevano convinzioni politiche consolidate si trattò di agire finalmente in modo concreto per realizzarle, non solo cacciando i tedeschi e sconfiggendo i fascisti, ma anche lavorando alla costruzione di un’Italia nuova, da rinnovare dal punto di vista politico e sociale; per altri si combatteva prima di tutto per motivazioni patriottiche, per cacciare l’occupante straniero, rimandando al futuro ogni altra decisione; per tanti, almeno all’inizio, si trattò semplicemente di trovare una via di scampo al pericolo di essere catturati dai tedeschi e internati in Germania, o arruolati nelle file della Repubblica di Salò, quando ormai le sorti della guerra erano sempre più chiaramente favorevoli agli Alleati.
Il movimento partigiano si strutturò tra mille difficoltà e pericoli nel corso dei primi mesi.
L’organizzazione della Resistenza prese quindi forma progressivamente, facendo fronte a una molteplicità di problemi che si presentavano e si chiarivano con lo sviluppo delle formazioni partigiane. Gli organismi politici e soprattutto militari che guidavano la lotta dovettero innanzi tutto trovare e garantire con continuità i finanziamenti necessari a sostenerla, ma anche coordinare le differenti formazioni, diramare istruzioni sulle azioni da compiere e sulla condotta da tenere (sulle più diverse questioni: durante i combattimenti e i rastrellamenti, nel reclutare nuovi volontari, nel suddividere e distribuire le forze, nei rapporti con la popolazione, nelle relazioni con le altre bande etc.). Ci volle molto tempo affinché le formazioni assumessero una fisionomia definita, accettando l’autorità dei comandi militari e politici centrali.
Nella conduzione della lotta partigiana fondamentale fu la costituzione del Corpo volontari della libertà (Cvl) da parte del Clnai (Comitato di liberazione nazionale alta Italia) nel giugno 1944. Si tratta dell’organismo militare designato a coordinare le azioni di tutte le formazioni. Lo diresse il generale Raffaele Cadorna e i vicecomandanti furono Luigi Longo e Ferruccio Parri.
Il movimento partigiano conobbe quindi la sua massima espansione in questo periodo, quando la fine della guerra sull’intero territorio nazionale, dopo lo sfondamento della linea Gustav, sembrava imminente.
Vennero liberate Roma (4 giugno 1944) e Firenze (29 luglio – 1 settembre 1944), ma la guerra continuò a nord della Linea Gotica.
La scelta di resistere che i partigiani compirono non era data una volta per tutte, furono anzi molte le occasioni in cui si presentò la necessità di rinnovarla. Accadde ad esempio dopo i rastrellamenti più brutali tra l’estate e l’autunno 1944, quando ciascuno, sbandatosi il gruppo di partenza, si trovò nella condizione di scegliere se tornare con i propri compagni o se rinunciare. E accadde per tutti con l’avvicinarsi dell’inverno. Il 14 novembre Radio Londra diffuse il proclama del generale Alexander, comandante delle forze alleate in Italia: le truppe angloamericane si erano arrestate sulla linea Gotica per l’inverno e il generale invitò i partigiani a sospendere le operazioni su vasta scala in attesa della bella stagione. L’inverno fu un problema reale: in montagna le già magre risorse diminuirono, la neve rese molto difficili (e assai visibili ai nemici) gli spostamenti. Da parte nazifascista si moltiplicarono i bandi che, con lo scopo di disgregare il fronte della Resistenza, invitavano i partigiani a consegnarsi con le armi, promettendo in cambio l’incolumità. Le formazioni dovettero riorganizzarsi: alcune divisioni dalle montagne si spostarono in pianura; altre ridussero temporaneamente gli organici, inviando alle proprie case i partigiani che abitavano in zona, in attesa della ripresa delle operazioni. Malgrado questo grave periodo di crisi, il movimento partigiano riuscì a rimanere saldo e a ripresentarsi, consolidato e accresciuto, all’appuntamento della primavera.
Il movimento partigiano e soprattutto gli organi che lo coordinavano e dirigevano cominciarono a lavorare in vista dell’insurrezione. Occorreva stabilire anche quale atteggiamento assumere nei confronti di quei reparti delle forze armate della Rsi che, nell’imminenza del crollo, cercarono scampo disertando e chiedendo di passare nelle file partigiane. Fu un problema che – dopo il 1945 – le Commissioni per il riconoscimento delle qualifiche partigiane si trovarono ad affrontare.
Per altro verso si trattò di definire con anticipo, per poter essere preparati al momento decisivo, alcune questioni cruciali: come amministrare la giustizia nei riguardi dei nemici battuti, come tutelare l’ordine pubblico, come definire le norme per dare riconoscimento giuridico a quanti avevano preso parte alla lotta partigiana. Fu soprattutto in questa fase che le formazioni vennero inquadrate in modo più strutturato.
La fase insurrezionale che si dispiegò a partire dall’inizio del 1945 e si concluse a fine aprile fu un grande successo per il movimento partigiano. Il nemico venne costretto ad abbandonare le grandi città e pericolosi piani di estrema difesa, gli impianti industriali furono salvaguardati. Cominciò la difficile transizione tra guerra e dopoguerra, all’interno della quale le Commissioni si trovarono a svolgere il loro difficile lavoro.